In modo un po’ paradossale, è con lo studio dei sistemi complessi che nasce l’esigenza dello scienziato semplice!

In questa sede non mi soffermerò a dare definizioni formali di “complessità” (non-linearità, etc.), e mi limiterò a dire che un sistema è “complesso” quando le descrizioni “fondamentali”- ad es. quelle basate sulla teoria dei campi, o più in generale quelle che descrivono analiticamente le forze in gioco secondo una schema riduzionista – falliscono (esempi classici: sistemi viventi, processi cognitivi).

Il riduzionismo ha uno stato di servizio eccellente nella storia della scienza, quindi dobbiamo aspettarci di imparare qualcosa di significativo dalla scoperta dei suoi limiti.  Innanzitutto l’apertura termodinamica: i sistemi viventi dissipano energia, ed è grazie a questo meccanismo che sono aperti ad un flusso di energia-informazione con l’ambiente. Questa però è una condizione necessaria, ma non sufficiente. E’ richiesta poi l’apertura logica, che è legata alle caratteristiche dinamiche del binomio sistema-ambiente e si modifica continuamente nell’interazione, permettendo l’emergere di nuove strutture, le quali rappresentano la capacità del sistema di elaborare nuove strategie di adattamento e risposte “creative”, ampliando progressivamente i propri domini di significato.Ad esempio, i limiti della vecchia intelligenza artificiale “forte”, simbolica, sono legati proprio all’assenza di apertura termodinamica e logica: un programma “girando” non dissipa energia, il software non si modifica, è l’hardware che si consuma! Non emergono nuovi codici di elaborazione se non vengono esplicitamente inseriti.

D’altra parte le reti neurali sono assai meno biomorfe di quanto generalmente si creda, e confrontate con un cervello “vero” somigliano piuttosto a dei “giocattoli”. Tra le differenze più rilevanti  ricordiamo l’esistenza di un programma genetico, che “pilota” in qualche modo ancora non del tutto chiaro l’evoluzione, l’interazione con l’ambiente e l’esistenza di una complessa modularità cerebrale che fa somigliare il cervello ad un insieme integrato di risorse.

Per comprendere la questione nella sua generalità, sarà opportuno qui far riferimento all'epistemologia costruttivista di ispirazione sistemico-cibernetica, secondo la quale la categoria più appropriata per valutare una teoria scientifica non è tanto la sua “verità” intesa in senso astratto e definitivo, quanto la fecondità, ossia la capacità di descrivere efficacemente un certo quadro osservativo producendo predizioni sperimentalmente testabili, e stimolando prospettive e domande nuove.
Quando studiamo un sistema operiamo una partizione ideale tra questo ed il resto del mondo. Un'operazione di questo genere è sempre un atto teorico piuttosto forte ed arbitrario, benché necessario per poter ottenere qualche risultato. La ricerca di una Teoria del Tutto può considerarsi propriamente come la ricerca di un contesto teorico nel quale ogni divisione tra sistema ed ambiente è impossibile in linea di principio. Il modello matematico di un sistema fisico comporterà dunque una serie di parametri il cui ruolo è quello di fissare in modo formale le relazioni tra il sistema e l'ambiente. Per molti sistemi della fisica classica e quantistica questo può essere fatto senza troppe difficoltà, ma passando ai sistemi biologici e cognitivi ci troviamo davanti ad una situazione esponenzialmente più complessa. Dobbiamo considerare infatti una dipendenza piuttosto complicata di numerosi parametri tra loro, ed una variazione di questi in relazione all' evoluzione dell'accoppiamento sistema-ambiente. Gran parte di questi parametri, poi, sono inaccessibili perché dipendono dallo stato interno dello specifico sistema preso in considerazione. Si può mostrare che queste caratteristiche possono essere espresse come un numero variabile di vincoli che descrivono la struttura ed il comportamento del sistema. Possiamo dunque ordinare i vari modelli in una gerarchia di complessità, dove l'apertura logica cresce in funzione del numero n di vincoli.

Il problema nasce quando descriviamo un sistema ad alta apertura logica, dove è necessario considerare esplicitamente la coevoluzione sistema-ambiente, attraverso modelli a bassa apertura logica, che introducono una drastica semplificazione di queste relazioni. Questo è proprio quello che succede con i sistemi complessi. Inutile allora cercare teorie “complete”, meglio imparare a cogliere vari aspetti del sistema utilizzando un uso dinamico dei modelli possibili.

Tutto ciò può essere espresso attraverso un'analogia piuttosto stretta con i famosi teoremi di incompletezza di Kurt Gödel. Questi teoremi, considerati nella loro generalità, ci dicono quanta matematica perdiamo se tentiamo di comprimerla in un sistema di assiomi. Infatti, come ha mostrato G. Chaitin nella sua analisi informazionale di questi fondamentali teoremi della logica, la matematica è un sistema aperto, in modo molto simile ad ogni altro linguaggio. E' sempre possibile costruire nuove proposizioni, impredicibili sulla base di un singolo sistema assiomatico. Questa impredicibilità è essenziale per comprendere una questione a lungo dibattuta che possiamo definire la ragionevole inefficacia della matematica nella descrizione dei sistemi biologici. Infatti i processi di emergenza intrinseca tipici dei sistemi viventi possono essere considerati come espressione di altissima apertura logica. Ogni descrizione matematica corrisponde ad una scelta modellistica centrata su una specifica partizione sistema-ambiente e ci troveremo così ad operare necessariamente con un mondo a bassa apertura logica. Avremmo dunque bisogno di un sistema con apertura logica con n -> infinito, un sistema dove ogni possibile relazione tra organismo ed ambiente è completamente specificata; c'è però una differenza essenziale fra una teoria ad apertura logica infinita ed una Teoria del Tutto come la intendono i fisici teorici. Quest'ultima mira a fornire le leggi universali che regolano i comportamenti delle varie forme di materia ed energia, e tende a descrivere l'universo fisico come un sistema unico, mentre una teoria ad apertura logica infinita dovrebbe contenere l'informazione necessaria per descrivere in dettaglio e ad ogni istante ogni possibile relazione tra lo stato del mondo e lo stato interno del sistema.Per far questo bisogna fissare le condizioni al contorno che definiscono la storia dinamica di un singolo sistema. In questo modo reintroduciamo però la distinzione fra sistema ed ambiente!

Dobbiamo quindi accettare l'idea che un modello matematico introduce nella descrizione dei sistemi biologici e cognitivi un certo grado d'indeterminazione. Lungi dall'essere una caratteristica della fisica quantistica, gli sviluppi futuri della biologia teorica ed in generale lo studio della complessità vedranno un’ampia fioritura di  principi di indeterminazione, che indicheranno  il tipo e la qualità d'informazione che andrà perduta operando una particolare scelta modellistica.
Un'altra questione importante suggerita dallo studio dell'apertura logica è quella di abbandonare la vecchia nozione di Turing - computabilità in favore della più ampia nozione di "computazione naturale"; nel primo caso l'informazione viene gestita in "modo rigido" attraverso codici predefiniti, mentre nella computazione naturale l'attenzione è centrata su come il flusso d'informazione ).ridefinisce continuamente nuove strategie adattative che implicano l'emergenza di nuovi codici in grado di pilotare il sistema verso soluzioni "creative". All'interno di questa linea di ricerca c'è probabilmente la possibilità di dare una risposta non banale, e non retorica, alle capacità super-Turing delle mente rispetto alle macchine (halting problem).

l’Osservatore e il soggetto

Una caratteristica essenziale dello scienziato semplice è quella di essere pienamente consapevole del ruolo sociale e politico giocato.

Anche questa potrebbe sembrare una cosa ovvia, ma troppo spesso la scienza tende a diventare un meccanismo auto-referenziale, altamente burocratizzato, ed assolutamente inutile ( a parte il reperimento di fondi, ovvio!). Si tratta di un passo indietro persino rispetto alla prassi di una scienza “cieca” ma produttiva almeno nel senso del mercato! Questa situazione di degrado politico e culturale va di pari passo con una serie di frantumazioni disciplinari la cui funzione è assai dubbia dal punto di vista della produzione di conoscenza, ma ha una sua logica ben precisa nella spartizione del potere accademico e politico. E’ un tema che mi sta molto a cuore. Con il mio amico David Peat, anche lui ex-allievo di Bohm, organizziamo spesso incontri su questi temi a Pari, un borgo medioevale nell’incantevole campagna toscana, e recentemente ho scritto un piccolo lavoro sulla rivista Golem (http://www.golemindispensabile.it ) dal titolo L’Agorà e il Mercato:

http://www.golemindispensabile.it/articolo.asp?id=1500&num=37&sez=444

Ignazio Licata